lunedì 29 dicembre 2008

Italian Blogs for Darfur
domenica, giugno 08, 2008
Giorgio Trombatore: storie e storia del Darfur

Giorgio Trombatore, catanese, è instancabile viaggiatore tra le pieghe dell'umanità. La cooperazione internazionale segna la sua vita: da oltre sedici anni lavora nel Terzo mondo con organismi umanitari non governativi e con le Nazioni Unite. In Africa ha operato in Mozambico, Angola, Eritrea, Ruanda, Congo, Somalia e in Sudan, in particolare nel Darfur. Al momento vive e lavora in Marocco per la CESVI.
Proprio dal Darfur, l' autore del libro "COY: ECCE HOMO", edito da Le Nove Muse, ci porta sensazioni e memorie di uomini ed eventi che hanno contrassegnato indelebilmente un popolo e un giovane uomo, Giorgio Trombatore, in Darfur tra il 2004 e il 2006.
Giorgio ci ha inviato i suoi primi contributi che pubblicheremo man mano su questo blog e che saranno sempre raggiungibili da un link dedicato. Speriamo di fare cosa gradita ai nostri lettori, che invitiamo a commentare, criticare o apprezzarne i contenuti. (Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore). I testi, così raccolti, vengono a costituire un esclusivo dossier:
Italian Blogs for Darfur

domenica, giugno 08, 2008

Giorgio Trombatore: storie e storia del Darfur



Giorgio Trombatore, catanese, è instancabile viaggiatore tra le pieghe dell'umanità. La cooperazione internazionale segna la sua vita: da oltre sedici anni lavora nel Terzo mondo con organismi umanitari non governativi e con le Nazioni Unite. In Africa ha operato in Mozambico, Angola, Eritrea, Ruanda, Congo, Somalia e in Sudan, in particolare nel Darfur. Al momento vive e lavora in Marocco per la CESVI.

Proprio dal Darfur, l' autore del libro "COY: ECCE HOMO", edito da Le Nove Muse, ci porta sensazioni e memorie di uomini ed eventi che hanno contrassegnato indelebilmente un popolo e un giovane uomo, Giorgio Trombatore, in Darfur tra il 2004 e il 2006.

Giorgio ci ha inviato i suoi primi contributi che pubblicheremo man mano su questo blog e che saranno sempre raggiungibili da un link dedicato. Speriamo di fare cosa gradita ai nostri lettori, che invitiamo a commentare, criticare o apprezzarne i contenuti. (Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore). I testi, così raccolti, vengono a costituire un esclusivo dossier:

martedì 23 dicembre 2008

Allagati i Darfuriani di Roma

Il cattivo tempo che nelle ultime settimane ha flagellato la Capitale ha creato enormi disagi anche alla comunita' di darfuriani. Infatti la sede di via Scorticabove e' stata completamente allagata.
Alle 10 del mattino dell'11 dicembre l'acqua e' entrata nei locali in quantita' impressionante, raggiungendo in breve l'altezza di 1 metro.
Subito le persone sono state costrette a salire al primo piano, dove sono rimaste fino alle 4 del pomeriggio Imponenti i soccorsi: tre elicotteri (due dei carabinieri e uno della Finanza), poi un canotto di grandi dimensioni ed infine un mezzo piu' idoneo, un anfibio capace di ospitare fino a circa cento persone.
I Darfuriani sono stati provvisoriamente trasferiti nei locali della ex Fiera di Roma, in via Cristoforo Colombo. Purtroppo in questi locali non sono previsti locali doccia, per cui l'igiene e' piu' precaria


Nella foto in alto il segno dell'acqua sul muro della sede di via Scorticabove. Sotto, acqua anche nei viali interni.

mercoledì 5 novembre 2008


31 ottobre: Manifestazione dei rifugiati del Darfur per la giustizia

I rifugiati del Darfur, tra cui anche una rappresentanza dall Italia, si sono riuniti all AJA in sostegno del tentativo del Procuratore Capo Moreno Ocampo della CPI, di perseguire il Presidente sudanese per crimini contro l umanità. Riportiamo il comunicato diffuso:

The people of Darfur support The Chief Prosecutor of The International Criminal Court Mr. Moreno-Ocampo in the indictment of Sudanese president Omar Hassan el Bashir
Your Excellency The Chief Prosecutor,

The signatories to this letter are representatives of the people of Darfur in Diaspora. The few who have assembled here today, from different parts of the globe, would like to express their utmost gratitude and emphatic support to the work of the International Criminal Court in pursuit for justice particularly for the innocent Darfuris who have endured a bitter experience of state sponsored atrocities for quite a long time. We do not only represent the voice of the oppressed masses of Darfur in their all walks of life but also express the feelings of the silent peace-loving masses of our globe.Life offers very little to cherish in the absence of peace and peace can never be realized without justice. Peace and justice can not and shall not be traded with each other. Humanity has had enough of tyrannies and rouge regimes that do not only devalue human life but intend to destroy humanity. Grave crimes against humanity and impunity under the guise of sovereignty should not be unaccounted for. The credit goes to International Criminal Court with you as its Chief Prosecutor to render an unprecedented service to humanity.The innocent civilian population of Darfur, as you are aware, has been victim of the worst criminal acts in the 21st century for no reason other than the revolt of some of their sons against the persistent injustices they have been enduring for decades. The regime in Khartoum is directly and solely responsible for all the mass killings, rape, torture, and forced displacement of our people. We genuinely value the efforts of The Chief Prosecutor of ICC and his team to have indicted the president of the Sudan Omar Hassan el Bashir for genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur. Genocide and other grave atrocities in Darfur have been, as are still being, orchestrated, financed and systematically carried out under direct supervision of Omar el Bashir Justice and peace in Darfur and the Sudan will prevail only when the principal perpetrators of the crimes against humanity and war crimes are held accountable. What happened in Darfur is directly attributable to the regime’s similar outrageous practices in South Sudan and the Nuba Mountains with complete impunity. Only law and international justice can deter the repetition of the same sad human tragedies. If the international community in fact believes in “never again”, they should unconditionally and robustly support the exertion of the International Criminal Court and its Chief Prosecutor to bring the perpetrators of gross human atrocities to justice.Peace-loving people of Darfur fully and categorically support your endeavours to end genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur and the rest of the world.We are confident in your unshakeable determination to proceed in the quest for justice against all odds

martedì 4 novembre 2008

بيان هام : القيادة العسكرية لحركة / جيش تحرير السودان قيادة الوحدة - الاراضي المحررة حول انسحاب قيادات عسكرية وسياسية من الحركة

لا شك أن اندلاع حركة جيش تحرير السودان كفكرة تقدمية سياسية كانت تحمل مجموعة من الآراء و الأفكار في شكل موحد عبر برنامج سياسي مرسوم ومخططة يخاطب قضايا الدولة السودانية التي مزقتها سياسات الجبهة الإسلامية بمسمياتها المختلفة والمنتشرة عبر أيدلوجيات تحملها بعض التنظيمات السياسية التي تعاقبت علي حكم السودان منذ عام 1956م عام الانهيار السياسي و الجغرافي التي قسمت البلاد وجزاءتها إلي طبقات عنصرية لم يسلم منها جموع الشعب السوداني الأبي .

الشعب السوداني الوفي :-

بهذا تعلن مجموعه من القيادات العسكرية والسياسية انسحابها من حركة جيش تحرير السودان قيادة الوحدة وذلك للأسباب التالي :-

1- خروج قيادة الوحدة من الخط العام والنظام الأساسي لمؤتمر امراي التداولي

2- انحراف قيادة الوحدة من المشروع العلماني التي نص عليه النظام الأساسي لحركة جيش تحرير السودان كبديل وخيار اساسي يخاطب قضايا الحريات والتداول السلمي للسلطة في السودان .

3- ارتماء بعض قيادات الوحدة في تنظيم شمولي قديم الفكر والتجربة عرفتها الشعب السوداني وظل مرفوضا كطرح سياسي علي مكونات الشعب السوداني دينا وعرقيا وثقافيا .

4- اعتماد قيادات الوحدة علي مفاهيم ضيقة وتجاوز الدستور الأساسي للحركة المتفق علية .

5- اختراق بعض قيادات الوحدة من قبل نظام المؤتمر الوطني والأجهزة الأمنية لإجهاض برنامج الثورة التي اندلعت من اجل التغيير المفاهيمي .

جماهير الشعب السوداني البطل :

إننا في حركة جيش تحرير السودان قيادة الوحدة لن ننحرف عن مبادئ وأهداف الحركة الأساسية التي قمنا من اجلها والتي دعمتها جموع الشعب السوداني الذي يعشق الحرية والديمقراطية منذ الميلاد .

جماهير الحركة الأوفياء :

سنظل نقبض علي جمر القضية ونحمي طموحات الشهب السوداني بصفة عامة ودار فور بصفة خاصة حتى نقضي علي نظام المؤتمر الوطني الظالم ، ونؤكد دوما علي ضرورة توحيد فصائل حركة جيش تحرير السودان حتى يتحقق النصر ونضي شموع الفرح في كل ربوع السودان وهذا هو خيار استراتيجي وضرورة حتمية نسعى لتحقيقها .

بهذا نورد لكم بعض أسماء القيادات العسكرية والسياسية التي أعلنت انسحابها من قيادة الوحدة :

1- علي عبدالله ( كاربينو ) رئيس ركن عمليات

2- ادم يعقوب شريف ( بمبينو ) – نائب رئيس هيئة الأركان / إدارة

3- احمد عبدالله صافي النور – قائد الاستخبارات

4- أستاذ / ابوبكر النور – قائد المتحركات

5- موسى ( كوم قروب ) – قائد قروب

6- كمندر بوب – قائد الشرطة الجنائية

7- علي ود البقعة – قائد عام شؤن الافراد

8- احمد هارون سليمان – قائد عام سلاح النقل

9- عمار التوم – قائد عام الشرطة العسكرية

10 – الدكتور/ نصرالدين احمد نيل – عضو مجلس التحرير الثوري

11- الباش مهندس / طلال إبراهيم محمدين – الأمين السياسي للحركة

12- عبدالله تنجر- قائد سلاح المدفعية

13- محمد احمد يعقوب – عضو المكتب السياسي

14- مكتب ايطاليا منسق الحركة في دول الاتحاد الاروبي / الأستاذ / سليمان احمد حامد

15- مكتب الداخل

16- مكتب الشباب والطلاب

17- مكتب النازحين واللاجئين / سالم محمد وادي

مكتب القائد / علي كاربينو

الأراضي المحررة

008821621294878

008821666613700

Commnder-555@maktoob.com

منسق الحركة بدول الاتحاد الاروبي / سليمان احمد حامد

تلفون : 00393487937982

Kuis08@yahoo.com

دمتم ودامت نضالات الشعب السوداني

giovedì 30 ottobre 2008

mercoledì, ottobre 29, 2008

Non scoraggiamoci mai


Darfur senza pace, ma andiamo avanti

Oggi la giornata è iniziata con una lunga discussione con una cara amica di Aegis Trust che mi aggiornava sulle informazioni che ricevono periodicamente dai loro cooperanti in Darfur. La situazione si aggrava di giorno in giorno. Si susseguono notizie di attacchi ai villaggi nel sud della regione e i morti sarebbero oltre un centinaio in soli tre giorni. Eppure l’opinione pubblica, la minima parte che si informa sull’argomento, è a conoscenza di un solo raid nei dintorni di Mouhagiriya, ad est di Nyala, capitale del Sud Darfur.
L’Apcom ha diffuso domenica scorsa la notizia che – cito integralmente - quaranta persone sono state uccise e 12mila costrette alla fuga a seguito degli attacchi sferrati da miliziani arabi contro una serie di villaggi. La fonte è l'organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw).Gli operatori umanitari non hanno potuto dare informazioni sul numero esatto di vittime e la portata dei danni che sono difficili da accertare, anche perchè le missioni umanitarie non possono accedere alla zona dove le violenze si sono verificate.
Quello che l’Apcom non dice è che gli eccidi sono stati perpetrati in molti altri villaggi, attaccati e incendiati dalle spietate milizie janjaweed che non si sono ‘limitate’ a incendiare case e rubare bestiame. Queste azioni vanno inquadrate nella strategia di distruzione e terrorismo nei confronti della popolazione che sostiene i gruppi ribelli, dicono fonti non governative. Noi, aggiungiamo, che non è altro che il proseguimento del piano degli ispiratori di tali violenze, ovvero l’annientamento delle etnie - non arabe - che popolano il Darfur. Tutto questo a fronte dell’ennesima iniziativa pubblica del presidente sudanese Omar al Bashir, sul quale pende una richiesta di incriminazione della Corte penale internazionale per genocidio, che ha proposto un tavolo di colloqui di pace in questa provincia.
Ovviamente il regime sudanese chiede in cambio che il Consiglio di sicurezza dell'Onu tenga ‘congelati’ eventuali procedimenti internazionali nei suoi confronti. Secondo fonti Apcom, responsabili di associazioni umanitarie sostengono che i combattimenti contrappongono la tribù dei Maaliya (arabi) a quella dei Zaghawa (africani), e le milizie arabe ai ribelli dell'Slm. Queste fonti però non sono in gradi di stabilire se gli arabi agiscano indipendentemente dal governo o meno. L’Unamid, intanto, avrebbe promosso una serie di incontri ‘riconciliatori’ tra tribù, in particolare per risolvere i problemi relativi al bestiame, e non soltanto tra Maaliya e Zaghawa, una delle principali cause degli scontri fra etnie… mah!
A volte mi chiedo anch’io, caro Mauro, se non stiamo combattendo una battaglia persa, e non parlo solo da presidente di Italians for Darfur ma anche da giornalista che in quei luoghi è stata e ha toccato con mano la sofferenza di questo popolo. Prima di Suliman, altri rappresentanti dei rifugiati darfuriani in Italia mi hanno palesato la convinzione che per il Darfur l’unico linguaggio utile sia quello delle armi, per difendersi aggiungono rassicuranti, ma può un tale pensiero ‘rassicurare’ chi, invece, crede in un’altra battaglia. Una battaglia che a volte sembra persa in partenza, ma che riserva anche piccole, si intende, soddisfazioni. In Italia prima che iniziasse la nostra opera di sensibilizzazione, nessuno – e sottolineo NESSUNO – si occupava di Darfur. Oggi non c’è organizzazione che non abbia un progetto – se poi lo realizzano è un altro discorso… - per il Darfur tra i loro obiettivi. Proprio in questi giorni è partita la campagna di Emergency per la costruzione di un ospedale pediatrico a Nyala.
E a proposito di Nyala… sulla questione Contni da tempo ho alcune precisazioni da fare. E le farò. Intanto ringrazio l’onestà intellettuale di Trombatore e lo invito a raccontarci anche tutto quello che finora non ha detto e sottolineo, di nuovo, TUTTO.
Un caro saluto,
Antonella

martedì 28 ottobre 2008

martedì, ottobre 21, 2008

I rifugiati ci chiedono un aiuto: due autobus per la giustizia, 31 ottobre

Il giorno 31 OTTOBRE i rifugiati del Darfur in Italia dovrebbero unirsi agli altri rifugiati del Darfur presenti in altri Paesi europei per manifestare insieme a L'AIA, nei Paesi Bassi in favore dell'incriminazione del Presidente sudanese Al Bashir di crimini di guerra e contro l'umanità.

Per fare questo, ci dice Suliman Ahmed, rappresent
Suliman ci chiede un aiuto. Abbiamo già espresso internamente alla nostra associazione dubbi circa la reale efficacia di simili inziative, considerando appunto il costo di una simile trasferta. Eppure, non si può negare che niente di più autentico e vigoroso si può chiedere a un uomo dello slancio che lo anima ad attraversare un continente per dare voce alle proprie aspirazioni di giustizia e pace. Parliamo degli attori veri del dramma del Darfur: i rifugiati del Darfur non chiedono altro che poter dare alla propria speranza anche una sola possibilità di concretizzarsi. Se anche non dovesse cambiare niente per il Darfur, i figli del Darfur ci avranno comunque provato. E noi con loro.

Per informazioni su come donare, contattateci al più presto. Per chi ci conosce sin dall'inizio, sa che la nostra scelta è stata di non chiedere mai soldi confidando nelle potenzialità dei singoli, ed è per questo che, ingenuamente, abbiamo rinunciato ad aprire uno specifico spazio per le donazioni. Se la fiducia in noi può compensare questa mancanza, metteremo per ora a disposizione un riferimento unico, seppur ancora personale, per i vostri contributi per gli autobus dei rifugiati.

Scrivete a blog[at]italianblogsfordarfur o info[at]italianblogsfordarfur.it entro il 28 OTTOBRE.

Cordiali saluti
ante dei rifugiati in Italia, occorrono i soldi necessari al noleggio di due autobus e relativi autisti.

giovedì, ottobre 23, 2008

La vita di ogni giorno nel campo profughi di Nyala

Pubblichiamo la nuova lettera di Daniel da Nyala, che ci giunge attraverso Fiorenzo e il suo gruppo, con il quale condividiamo da tempo preoccupazioni e speranze per i più deboli del Darfur.
"

NYALA 20-10-08

Carissimi,

... Non so cosa pensate di questo mio lungo silenzio ma ho voluto fare questa esperienza che mi ha fatto comprendere come vivono queste poverette del campo stando con loro l' intero giorno. Oggi è il primo giorno che apro il compiuter dopo 20 giorni che è stato chiuso per la mancanza di tempo da parte mia e dalla stanchezza.
Ho passato questi giorni con loro dalle 8 del mattino fino alle cinque del pomeriggio lavorando insieme per la raccolta degli arachidi naturalmente loro parlavano la loro lingua nativa e di arabo quasi niente. Quello che sono riuscito a capire è che queste poverete devono andare per i campi per trovare qualche lavoro con un po di soldi e la legna per farsi un po di polenta per sopravvivere. E i mariti se ne stanno a casa tutto il santo giorno a dormire e far niente. Quella che lavorava con me picchiava il marito perchè da sola non ce la fa a mantenere 4 figli con il marito in ozio tutto il santo giorno e cosi giu botte a non finire. Tutte mi dicevano che stanno soffrendo la fame perchè gli aiuti gli danno con il conta goccie e ogni due mesi che basta per una decina di giorni. ... ci sentiremo più spesso.
Dopo questa esperienza posso parlare come esperienza vissuta nella mia pelle.

Ciao a tutti
Danl

mercoledì 15 ottobre 2008

domenica, ottobre 05, 2008

Processo ad Al-Bashir: il Governo italiano chiarisca la sua posizione

Apprendiamo che venerdì scorso i senatori radicali Marco Perduca e Donatella Poretti hanno depositato una interrogazione rivolta al Ministero degli Esteri per chiedere quale posizione intenda prendere l’Italia, come membro “a rotazione” del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite relativamente alla possibilità di sospensione delle azioni della Corte Penale Internazionale nei confronti del Presidente del Sudan Omar Al-Bashir. Il Consiglio di Sicurezza ha, infatti, tra le sue prerogative – secondo l’articolo 16 dello Statuto della Corte - quella di sospendere per un anno le azioni della Corte Penale Internazionale: è necessario però un voto unanime dei cinque membri permanenti.
Francia e Gran Bretagna si sono dette favorevoli a questa eventualità, incerta rimane la posizione dell'Italia, che ci si augura voglia attestarsi, al contrario, su una posizione che confermi l'eventuale luogo a procedere dei giudici della Corte Penale Internazionale, qualora la richiesta del Procuratore Capo Luis Moreno Ocampo venga accettata.
Il 14 luglio scorso Ocampo aveva chiesto l'incriminazione del Presidente sudanese per crimini contro l'umanità.
Simili iniziative parlamentari sono passaggi fondamentali, altre volte ispirate da Italians for Darfur, grazie alla mediazione di parlamentari quali il Sen. Enrico Pianetta (PDL) o Marco Beltrandi (Radicali), fondamentali per la costruzione di una linea governativa solida ed intransigente sulla difesa dei diritti umani.

domenica 21 settembre 2008

Il Governo di Al Bashir dal 1989 sceglie sempre il mese del ramadan per perpetrare le uccisioni



di Suliman Hamed


Suliman Hamed a Tolom (campo profughi Darfur in Chad)

Il 12 settembre, giorno di ramadan, i janjaweed ed i soldati del Governo sudanese hanno bombardato con aerei dei paesini ad Ovest di Al Fasher. Tarni, Owila, Birmaza e tante altre zone del Nord Darfur, che nn registrano la presenza di forze degli eserciti di ribelli, sono state colpite dall’attacco. Molti civili innocenti hanno perso la vita, in un attacco inaspettato, che il giorno dopo si è esteso all’intera regione del Darfur. Dopo questo attacco il Jem e l’ SLM hanno deciso di mettere insieme e le proprie forze per combattere gli attacchi del Governo. Giorno tredici circa cinque aerei bombardieri hanno colpito la zona di Sinet, dove Minnie Minnawi, dopo aver rotto l’accordo con il Governo sudanese nel maggio 2008, si era rifugiato con il suo esercito.Molti civili sono stati colpiti dall’attacco ed hanno perso la vita. Il 14 settembre, ad Est del Gabel Marra, sono morti molti civili, janjaweed, soldati dell’esercito sudanese, e ribelli dell’SLM e del Jem.
Il 15 la guerra è arrivata a tutte le zone del Darfur, con violenti bombardamenti. Solo nelle grandi città non ci sono state tracce del conflitto, perché il Governo sudanese si è reso conto che tutti gli eserciti di ribelli si sono uniti per far fronte al suo attacco, durato fino a giorno 17. E’ stato un momento molto importante, che ha segnato la ricongiunzione delle forze dei ribelli, che si sono unite dopo che nel 2006 si erano separate. Secondo le stime i morti di questo attacco cruento sono stati più di mille, tra esercito regolare, ribelli e vittime civili. I media tacciono il numero reale delle vittime, nessun giornalisti era presente in Darfur per documentare l’acceduto e le vittime della guerra in Darfur continuano ad essere invisibili. Il 18 finalmente tutti i capi del Governo sono arrivati ad Al Fasher per convincere Minni Minnawi ad un nuovo accordo con il Governo di Al Bashir. Ali Usman Taha, Vice Presidente sudanese, il Ministro dell’Interno sudanese, Abdel Gadir Sbdrat il Ministro della Giustizia, il capo dei Servizi Segreti sudanese Sala Gos e il Ministro della Difesa Marscal Abdrahim Mohamed Hussein, si sono recati ad Al Fasher per trovare un accordo con l’esercito dei ribelli, ma Minni Minnawi ha rifiutato.

Nel maggio 2006 Minnawi aveva firmato un accordo con il Governo, che prevedeva la ricostruzione delle case distrutte dalla guerra in Darfur, il ripristino delle scuole, delle reti di comunicazione, il ritorno dei rifugiati nei loro paesi d’origine, il disarmo dei janjaweed (eserciti di mercenari che hanno devastato il paese con cruenti attacchi alla popolazione civile) e l’impegno di portare in Darfur lo stesso progresso esistente nel resto dell’intero Sudan. Quest’accordo, ad oggi, non è stato rispettato e nel maggio 2008 Minni Minnawi ha lasciato Karthoum per tornare in Darfur, senza però sferrare alcun attacco al Governo. In seguito all’attaco del 12 settembre, però, le cose sono cambiate. Il 19 settembre Minni Minnawi ha affermato che se entro dieci giorni il Governo non provvederà a tener fede agli accordi presi i ribelli faranno sentire la loro voce.
Qualunque giornalista interessato ad avere notizie può rivolgersi a Suliman Hamed
Kois2778@maktoob.com
http://zaghawa-ita.blogspot.com/
Tel 348.7937982

venerdì 19 settembre 2008

Le tende della morte di Tulùm


Tra tutti i campi profughi del Chad, uno dei più incredibili è Tulùm. Si trova a circa venti km da Mile verso nord. A renderlo speciale sono le sue dimensioni: ospita infatti quasi mezzo milione di profughi, in realtà un po' di meno, ma sempre molti di più dei campi normali.

Ovviamente a Tulùm tutti i servizi sono gestiti in maniera diversa da quella dei campi piccoli, ma di questo parlerò altrove. Qui di seguito voglio raccontare una storia diversa.

Le tende della morte
In Sudan e in Chad fa caldo, molto caldo. Nei campi di accoglienza le organizzazioni mettono a disposizione solo delle tende, al cui interno di giorno fa molto, molto caldo.
Per chi è in buona salute questo non è un problema, perché di giorno, quando fa più caldo, le persone vanno in giro e cercano aria ed ombra e frescura.
Per i malati e gli anziani, però, servirebbe una maggiore attenzione, perché essi non possono andare in giro e quindi restano al caldo della tenda. Respirano male. Non riescono a mangiare. Muoiono più velocemente.
I familiari vengono a salutarli prima dell'inveitabile fine della vita. Nei campi ho incontrato molte di queste persone, come Surù e la figlia Fatimè, come Idriss Sabil e il figlio Adam.
Ecco, per malati ed anziani queste tende sembrano l'ultimo posto dove abitare prima di morire. Il campo di Tulùm è gestito dall'UNHCR, e a questa Organizzazione delle Nazioni Unite io rivolgo una domanda: sarebbe così difficile costruire delle tettoie riparate, in modo da dare a queste persone un po' di refrigerio?
I rifugiati che hanno la possibilità si costruiscono una piccola area riparata dal sole ma all'aria aperta, quindi la cosa in sé è possibile. L'UNHCR si dedica molto ai bambini e noi tutti glie ne siamo molto grati. Ma ai malati e agli anziani, che da noi sono persone molto importanti, chi ci pensa?

Violenza sulle donne
Queste persone già devono vivere in condizioni terribili. Per dirne una, ad ogni famiglia spettano solo nove kg di legna da fuoco alla settimana. E ciascuna famiglia è composta mediamente da 15 persone. In Europa sono ormai pochi quelli che riscaldano l'acqua e cucinano con la legna, ma si sa che la necessità normale andrebbe misurata in quintali, non in kg.
Adesso alcuni campi hanno a disposizione dei sistemi di ricaldamento e cottura che usano l'energia del sole, ma sono veramente pochissimi.
La raccolta di legna è poi uno dei problemi principali dei profughi, che devono uscire dai campi. Poiché questo lavoro viene affidato alle donne, le poverette diventano facili prede dei janjaweed, che le stuprano e non per motivi sessuali, come spesso si crede, ma per rubare loro l'anima.
Per evitare questa vergogna, adesso sono i bambini -maschi e femmine- a uscire dai campi per cercare legna ed acqua.

(c) Suliman Ahmed Hamed 2008

mercoledì 17 settembre 2008

I "missionari" di Mile

Mile è un villaggio situato tra Greda, capoluogo dell'etnia Tama, e Iriba, città zaghawa kobè controllata dal sultano Haggar. Rispetto a Kolongo, Mile è a quindici km più a nord, più o meno a metà del viaggio tra Kolongo e Tolòn. Questa è la tipica distanza tra due villaggi profughi vicini, ovvero 15-20 km.

Mile vuol dire “sale” in arabo, ma non sembra che qui intorno ci siano saline

In questo campo ci sono circa cinquantamila profughi

Quando sono arrivato al campo, il primo segno dell'Europa ad accogliermi è stato il cartello dell'Unicef. Solo il cartello, però, perché del personale non è rimasto nessuno.
La situazione era difficile e gli ultimi erano partiti il 5 giugno, circa due settimane prima del mio arrivo. Nei campi non ho mai visto neanche un europeo e la motivazione ufficiale era la mancanza di sicurezza. I profughi mi hanno detto che il vero problema non era la sicurezza, ma la lotta tra le popolazioni locali e le organizzazioni politiche per la divisione del cibo che veniva portato con i camion. Il personale europeo si è trasferito a N'djamena e Abeche, città più grandi della zona. Lì è ospitato anche il personale europeo di Medici Senza Frontiere, l'unica organizzazione che ogni tanto manda del personale medico nel campo di Mile.


Nell'ospedale qualcuno dorme in un letto, qualcun altro per terra.

Ho parlato molto con il mio amico Mahammud Annur Hamet, medico che lavora con Medici Senza Frontiere. La farmacia non è molto fornita, anzi ci sono pochissimi medicinali, ma lì devono bastare. L'unica medicina necessaria ad essere terminata è quella del flacone a sinistra nella foto, tenuto sul vassoio. “Se MSF non torna entro un mese qui ci sarà un grande problema”, mi ha detto, “soprattutto per i bambini gravi che rischiano seriamente di morire”. Ho contato i bimbi tenuti in degenza con le madri ed erano venticinque.


Sono rimasto cinque giorni in questo campo e l'ho girato angolo per angolo, parlando persona per persona. Io sono del Darfur e basta; tutti i darfuriani sono il mio popolo.

Un grande problema dell'Africa è l'Aids. In Darfur questa terribile malattia praticamente non esiste, ma in Chad c'è e quindi i medici tengono la situazione sotto controllo. In ogni campo c'è un gruppo di volontari che fanno prevenzione; molti di loro sono studenti o maestri sudanesi, molti anche da Khartoum, le cui famiglie sono state cacciate dalle loro terre e per le quali i giovani s'impegnano in quest'opera. Vanno famiglia per famiglia a informare, chiedere, visitare; si occupano molto anche degli anziani e delle persone sole, che più difficilmente si spostano per andare all'ospedale in caso di malessere e che spesso sono vittime di demenza o pazzia.

A questi giovani volontari, l'Unicef ha dato un certo numero di libretti d'una trentina di pagine scritte in francese con alcune foto a colori. Sempre loro, questi veri e propri missionari, si occupano anche dei ragazzi tra i 15 e i 18 anni, che non andando più a scuola sono liberi di girare per il campo e facili prede del reclutamento da parte di organizzazioni militari. Questo è un problema particolarmente sentito nei campi profughi, come ho già detto a proposito della scuola di Kolungo.

Una scena che ho visto ripetersi in quei giorni e che farebbe inorridire un europeo è il trasporto delle donne che stanno per partorire. Non ci sono strade vere e proprie e non ci sono ambulanze né automobili, ma solo carretti ad assale rigido trainati dai buoi. Il carro arriva sul posto guidato dalle urla e la donna viene posta di peso sul carro, che quindi di sobbalzo in buca va lentamente verso l'ospedale.



(c) Copyright 2008 Suliman Ahmed Hamed

A Kolungo, o scuola o guerra

Il campo di Kolungo si trova vicino alla città di Greda, a 15 km dal confine tra il Chad e il Sudan. Ci vivono oltre ventimila persone di tutte le etnie del Darfur. Sono arrivato al campo di Kolungo il 3 giugno 2008, venendo da Farshanà e Gosbeda (dei quali non ho immagini). A questi si sono aggiunte circa settemila persone provenienti dalla battaglia di Genena, tenunta in maggio: queste persone, quasi tutte di etnia Tama, non esano neanche registrate nella lista della distribuzione del cibo: erano i capi zona ad organizzarsi per offrire un minimo di assistenza.

Per prima cosa in questo campo non c’è più supporto medico, perché anche Medici senza frontiere ha abbandonato il presidio per la mancanza di sicurezza. Già avevano un grande problema: le autorità locali vorrebbero avere loro le medicine e il cibo da distribuire alla gente, ma MSF s’è sempre rifiutata.

A Kolungo ho parlato con molte persone ed alcune di queste vorrei presentarvele. Nella scuola il maestro Muhammad, molto giovane (ha circa 25 anni), lavora lì per la sua passione di insegnare ai bambini dei campi profughi. Certo non lo fa per soldi, visto che il suo stipendio mensile è di 20 dollari statunitensi. In una scuola pubblica normale guadagnerebbe 15 o 20 volte tanto, per non parlare delle scuole private, dove lo stipendio è normalmente di 6/700 dollari ma può arrivare anche a mille.

“Due anni fa, le genti del Darfur che stanno in America hanno organizzato grandi cose, tra le quali tre grandi scuole, due in Darfur (Entrambe a Musbet, vicino a Kornoi) e una in Chad (Tina), delle quali pagano molte spese e principalmente gli stipendi degli insegnanti, 150 dollari”. Questa informazione mi è stata data anche negli altri campi che ho visitato.

Nella scuola di Kolungo manca tutto, dalle penne ai quaderni, ai libri; ovviamente di banchi e di sedie non se ne parla proprio! Gli studenti siedono a terra su tappeti o altri tessuti, o anche senza niente, ed ascoltano il maestro.

O scuola o guerra
“Un grande errore di organizzazione manda moltissimi ragazzi a morire in guerra”, denuncia il maestro. “In Sudan la scuola elementare dura otto anni, in Chad solo sei. I ragazzi che vanno a scuola hanno qualcosa da fare, mentre gli altri sono liberi di andare in giro e divengono facile preda del reclutamento di tutti i tipi dei cosiddetti ribelli del Jem e dell’Slm”. La cosa è grave in sé, ma la realtà è anche peggiore: molti di quei ragazzi sono l’unico figlio maschio di mamme rimaste sole e non sempre in buona salute.

La cecità dell'Europa
Di ragazzi ne muoiono davvero tanti. Tra questi ci sono tutti e quattro i figli di Saa’ti Ishag, quattro rimasti sul campo della battaglia di Abu Gamra (2003) e uno nella battaglia di Tina (2004). Saa’ti vive con una delle nuore e i suoi tre figli. La stessa sorte tocca a molte altre persone..
Dalla fine del 2006, Saa'ti è diventato cieco. La cecità è molto diffusa nei campi, perché l’alimentazione è molto deficitaria e si vive troppo al chiuso delle tende e i medicinali che potrebbero aiutarli non si trovano. “Tu che torni in Europa, cerca aiuto per le tante famiglie come la mia, che non hanno possibilità di lavorare”. Saa’ti era un personaggio importante, era Imam di Mughr; “Noi pensavamo che l’Islam fosse una grande religione, ma in tutti questi anni di guerra non abbiamo mai avuto aiuti da arabi o musulmani, né persone né associazioni; le uniche organizzazioni umanitarie presenti sono europee o americane. Raccontagli la storia di quelli come me”.

Distribuzione cibo (sinistra) ed acqua (destra) nel campo di Kolungo


(c) Copyright 2008 Suliman Ahmed Hamed

domenica 31 agosto 2008









“È un’accusa totalmente falsa, inventata dal governo sudanese per distogliere l’attenzione dai massacri dell’esercito in Darfur”. Contattato da Panorama.it, Esam Eldin Elhag, portavoce dei ribelli darfuriani del Movimento di Liberazione del Sudan (Slm), respinge al mittente le accuse per il dirottamento del Boeing 737 della Sun Air, avvenuto ieri pomeriggio poco dopo il decollo dalla città sudanese di Nyala e conclusosi oggi in Libia con la resa di due presunti membri di una fazione dell’Slm. Ma Elhag coglie l’occasione anche per fare il punto su una guerra che dura ormai da cinque anni e mezzo, e che ha provocato almeno 300.000 morti e due milioni tra profughi e sfollati.Signor Elhag, i due dirottatori sostengono di essere membri dell’Slm, in particolare della fazione facente capo a Abdel Wahid Mohammed al-Nur. A lei risulta che sia la verità?Niente di più falso. Posso affermare sia a nome del nostro gruppo che di quello di al-Nur che l’Slm non ha mai compiuto azioni contro civili, né in Darfur né altrove. Questa messinscena è opera del governo sudanese. Sono anni che a Khartoum premono perché l’Slm e il Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza (Jem, l’altro gruppo ribelle darfurino, ndr), siano inclusi nella lista delle organizzazioni terroristiche. Sperano di screditare la nostra azione e di distogliere l’attenzione internazionale dai massacri dell’esercito.Si spieghi meglio.Lunedì 25 agosto, l’esercito è entrato nel campo profughi di Kalma, in Darfur, e ha aperto il fuoco contro i civili. Il bilancio sudanese parla di 12 vittime, ma secondo le nostre fonti i morti sono 97 e i feriti 104. Mentre noi, quando attacchiamo l’esercito, lo facciamo lontano dalle aree civili.Ci sono novità sul fronte dei colloqui di pace?L’Slm è pronto a sedersi al tavolo delle trattative, ma non nelle condizioni attuali. Non abbiamo partecipato agli incontri di Sirte lo scorso ottobre, perché chiediamo come precondizione che le trattative vengano condotte da uno Stato non africano e neutrale, Svizzera o Paesi Bassi. Non possiamo accettare la mediazione della Libia, che ha troppi legami con il governo sudanese.Dal vostro punto di vista, la possibile incriminazione del presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir, davanti alla Corte Penale Internazionale, cambia qualcosa?Noi sosteniamo il lavoro della Corte, anche perché in Darfur non ci può essere pace senza giustizia. E questo significa che, fin quando Bashir rimarrà al potere, raggiungere un accordo sarà impossibile. Anche per colpa della comunità internazionale.Ritiene che l’Onu sia responsabile della situazione in Darfur?Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato 18 risoluzioni che condannano il governo sudanese per i crimini in Darfur, ma in concreto non è stato fatto nulla. L’esempio più lampante è quello dell’Unamid (la missione di pace congiunta di Onu e Unione Africana attualmente in Darfur, ndr). Ci sono voluti anni per costringere il governo di Khartoum ad accettarla, e ora che è operativa l’Onu non dà ai peacekeepers neanche i mezzi per muoversi. I caschi blu dovrebbero proteggere i civili, ma spesso vengono nel nostro territorio per sfuggire agli attacchi dell’esercito.Al momento sia l’Slm che il Jem sono divisi in diverse fazioni: è vero che sono in corso colloqui per riunificare i due movimenti? L’anno scorso dieci fazioni dell’Slm si sono riunite in un solo gruppo, sotto la guida di Ahmed Abdel-Shafi. Restano fuori ancora l’Slm-Unità e la fazione facente capo a Abdel Wahid Mohammed al-Nur. Al momento non è in programma una riunificazione.Non crede che questo frazionarsi in mille gruppi possa danneggiare la credibilità del movimento ribelle? Alcuni cominciano a percepirvi come delle bande di criminali che combattono solo per calcolo personale.Dietro questo processo ci sono le mani lunghe dell’Unione Africana e del governo sudanese. La prima, dopo i colloqui di pace di Abuja del 2006 (firmati solo da una fazione dell’Slm, ndr), ha fatto pressione su vari comandanti militari perché accettassero gli accordi. Il governo ha fatto la stessa cosa, conquistando comandanti e divisioni ribelli con la promessa di soldi o di incarichi per indebolirci. In parte ci sono riusciti, ma il movimento è ancora vivo.LEGGI ANCHE: Liberi gli ostaggi dell’aereo dirottato a Khartoum

giovedì 10 aprile 2008

martedi 08 abrile 2008

martedì, aprile 08, 2008

Workshop: "Il conflitto in Darfur, tra silenzi assordanti e responsabilità nascoste"
Grazie alla collaborazione con Meltin'Pot, associazione della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università RomaTRE in Roma, Italians for Darfur presenta "Darfur, tra silenzi assordanti e responsabilità nascoste": cause, dinamiche e prospettive del conflitto. Interverranno l'On. P. Sentinelli, Viceministro degli Esteri, il Prof. Cera, formatore e autore de "Le sfide della diplomazia internazionale. Il Conflitto in Darfur",il Prof. E. R. Terzuolo, Docente di Geopolitica e Suliman Ahmed, Rappresentante dei Darfuriani in Italia.L'appuntamento è alle ore 17.00 alla Facoltà di Scienze Politiche, presso l'aula 2c, Università RomaTRE.
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martedì 1 aprile 2008



Show Recent Messages (F3)

jaafar hasan: يا عمي سليمان ما عندي مايك الان
Call ended. 0 min, 49 sec. (12:13 م)
Did you experience a problem with this call? Report a Problem

jaafar hasan: شنو اخبارك
jaafar hasan: البيان وصلك ولا لا
suliman ahmed: لسا مافتحت الايميل
jaafar hasan: شنو اخبارك البارح ارسلت ليك بيان بخصوص محاولة اغتيال محجوب من مكتب شمال افريقيا
suliman ahmed: اعمل سماعة وانا نفتح الايميل ونرجع ليك بعد تصف ساعة
jaafar hasan: لا الان ما عندي سماعة
suliman ahmed: جاني الي البيان وجدتها الان ولكن بحروف غريبة ارسله الان باون لاين
suliman ahmed: الان ارسله فورا
suliman ahmed: انا وجدت الخبر من ناس هولندا ونزلته في صفحة زغاوة ايطاليا لكن حتي الان ماعندي التفاصيل
jaafar hasan: لا البيان من هنا
suliman ahmed: zaghawa-ita.blogspot.com
jaafar hasan: نع
jaafar hasan: لا ارسلت ليك في الايمي بتاعك kuis0"yahoo.com
suliman ahmed: انا وجدت بيانك لكن جاني كله بحروف غير عربية فلذا قلت لك ارسله لي الان في اون لاين حتي استطيع ان انزله
jaafar hasan: في رابطة ابناء الزغاوة ارسله لك وين في اي مكان
jaafar hasan: وبعدين الحروف ممكن تغيرهم
suliman ahmed: يبدو انه الكمبيوتر بتاعي في مشكلة في ويندوس فلذلك بعد الرسائل يجيني مقلوبة او ارسله بالفاعل
jaafar hasan: لا اعمل كلك باليسار علي الرسالة نفسها ثم يعطيك سهم فحاول ان تذهب الي العربية واضغط عليه ممكن يعود القراءة الي العربية
بيان هام وعاجل
حركة تحرير السودان ( قيادة الوحدة )- مكتب شمال إفريقيا
- تدين المحاولة الفاشلة لاغتيال الرفيق / محجوب حسين – بلندن
،،،،،،،،،

مكتب حركة تحرير السودان( قيادة الوحدة ) شمال إفريقيا يدين بشدة المحاولة الفاشلة لاغتيال الرفيق / محجوب حسين - الناطق الرسمي للحركة - عضو هيئة القيادة العليا لمجلس التحرير الثوري .- بلندن خلال الأسبوع الماضي ، ونود عبر هذا البيان أن نطمئن أعضاء الحركة والجمهور الكريم بالداخل والخارج وخاصة الأراضي المحررة ، بتماثل الرفيق للشفاء وبصحة مطمئنة ، وسيغادر المستشفي خلال الساعات
القادمة ، وإذ نكرر إدانتنا لهذه الجريمة النكراء ، نؤكد بأننا وعبرا جهزتنا المكلفة بالتحري ومتابعة الموضوع قد توصلنا إلي معلومات دقيقة وخطيرة جدا تفيد تورط بعض الجهات الرسمية عبر وسطاء مأجورين في تنفيذ الجريمة الفاشلة ، وخلال الأيام القادمة ستنجلي تفاصيل التحري كاملة ، وحينها لكل حادث حديث ، وسيتم معاملة الجناة بالمثل ....!! ترقبوا البيان اللاحق ...
والكفاح الثوري مستمر،،،،
j جعفر علي الحسن
الأمين العام
مكتب حركة تحرير السودان ( قيادة الوحدة )
شمال إفريقيا
27 /3 /2008


mercoledì 19 marzo 2008

Made in China: Stop Arms Sales to Sudan

Made in China: Stop Arms Sales to Sudan

Stop Arms From China to Sudan
The Summer Olympic Games in Beijing on August 8th give China the opportunity to showcase its accomplishments and its rising global power. China is also working hard to manufacture an image as a responsible and harmonious global actor. But behind this façade lies another China, one that places economic growth over its human rights responsibilities around the world.

Since 2003, the government of Sudan has orchestrated a campaign of terror in Darfur, leaving more than 200,000 people dead and at least 2.5 million homeless. During this period, China has largely ignored the mass atrocities in Darfur and instead strengthened its political, economic, and military relationship with the government of Sudan. The primary reason is simple: China desperately needs Sudanese crude oil to sustain its economic growth at home. But the relationship between China and Sudan does not stop with oil sales. China is currently the largest known provider of small arms, small arms parts, and ammunition to Sudan-the type of weapons that have been used by agents of the Sudanese government to wreak havoc in Darfur.

In the lead up to the Summer Olympic Games in Beijing, Human Rights First has launched the "Made in China" campaign. With your help, we will pressure China to stop its arms sales to Sudan.

lunedì 10 marzo 2008

Bandit raids cut Darfur food aid

Bandit raids cut Darfur food aid
Woman walks past UN peacekeepers in Darfur refugee camp
The UN peacekeeping mission in Darfur remains understrength
Food aid deliveries to Sudan's Darfur region have been reduced by 50% after a series of bandit attacks on convoys, the UN's food agency has warned.

In the latest incident, seven trucks were stolen and their drivers abducted last week as they drove to Fasher, the World Food Programme says.

WFP says 37 trucks and 23 drivers are still missing and other drivers are unwilling to risk going to Darfur.

Some two million people rely on food aid as a result of the conflict.

The WFP also warns it could halt its Humanitarian Air Service which transports aid workers around the vast country at the end of this month because of a lack of funding.

"This is an unprecedented situation," said WFP representative in Sudan Kenro Oshidari.

"Our humanitarian air operation for aid workers could be forced to stop flying because we have no money, at a time when our helicopters and aircraft are needed more than ever because of high insecurity on the roads."

Inaccessible

WFP does not say who is behind the attacks in Darfur - there are numerous rebel groups and pro-government militia in the region.

map

Some 8,000 people a month use WFP flights in Darfur - 3,000 in helicopters to reach parts of the country which are otherwise inaccessible, the UN agency says.

Aid agency Oxfam has warned that its operation in Darfur would be at "serious risk" if the WFP flights stopped or were reduced.

WFP also operates flights around South Sudan, which is slowly recovering from its own long conflict and where infrastructure is even worse than in Darfur.

Here too, a massive aid operation to help millions of people affected by the war would be badly affected if flights were stopped.

Fighting has increased recently in West Darfur, leading to a new stream of refugees.

The joint UN-African Union peacekeeping force is making little progress - it still has just 9,000 troops out of the 26,000 planned.

giovedì 31 gennaio 2008

mercoledì 30 gennaio 2008

The humanitarian crisis in Greater Darfur, Sudan

Waiting for water - Darfur - Sudan
Waiting for water - Darfur - Sudan
Photo : Peter Holdsworth

The humanitarian crisis in Darfur – one of the poorest regions of Sudan - has become the worst in the world since hostilities broke out in February 2003, according to the UN. The situation is still extremely worrying and most experts warn that it could deteriorate further. It is estimated that between 180,000 and 300,000 people have died as a result of this conflict. About 2,5 million people are affected by the crisis, which is more than a third of the total population of Darfur. 1,8 million people have been displaced inside Darfur, and more than 200,000 people have fled across the border into Chad. Serious violations of human rights have been reported by the UN and human rights organisations.

Relief organisations are still facing problems reaching people in need, due to insecurity, poor road infrastructure, the size of the territory affected (roughly equivalent to France), and the ongoing rainy season. Therefore, according to the United Nations, needs in most sectors (food, shelter, clean water, primary health care) are only being partially met.

The European Commission has urged the Government of Sudan to abide by its obligations regarding the protection of its own citizens. This includes actively disarming and prosecuting armed groups acting against civilians. The EC has also provided funds to organisations with an international mandate to protect vulnerable civilians. Following a ceasefire agreement between government and rebel forces in April 2004, the Commission agreed to provide €92 million to support African Union peace keeping efforts.

ECHO's response so far targets conflict-affected people in the Darfur region and refugees who have fled to

domenica 27 gennaio 2008

الجبنة

تستعمل الجبنة كأداة لشرب القهوة ، والقهوة السائدة في السودان هي القهوة التركية

البخصة

إناء مصنوع من ثمر القرع يستعمل لحفظ الحليب واللبن (الروب)

الحق

إناء مجوف مصنوع من الخشب يستعمل لحفظ وتخزين العطور المجففة وغالباً ما يستعمل في الأفراح ومناسبات الزواج والختان.

الطبق

غطاء مصنوع من سعف النخيل (سعف الدوم) ويستعمل لتغطية الطعام و أيضاً في الزينة.

المُصلاية

مصلاة مصنوعة أيضاً من السعف

الدلوكة

آلة من الآت الطبل تستعمل للعزف أي الدق عليها في الأفراح والمناسبات السعيدة وغالباً ما تستخدمها البنات (دق الدلوكة).

mercoledì 23 gennaio 2008

The humanitarian crisis in Greater Darfur, Sudan

Waiting for water - Darfur - Sudan
Waiting for water - Darfur - Sudan
Photo : Peter Holdsworth

The humanitarian crisis in Darfur – one of the poorest regions of Sudan - has become the worst in the world since hostilities broke out in February 2003, according to the UN. The situation is still extremely worrying and most experts warn that it could deteriorate further. It is estimated that between 180,000 and 300,000 people have died as a result of this conflict. About 2,5 million people are affected by the crisis, which is more than a third of the total population of Darfur. 1,8 million people have been displaced inside Darfur, and more than 200,000 people have fled across the border into Chad. Serious violations of human rights have been reported by the UN and human rights organisations.

Relief organisations are still facing problems reaching people in need, due to insecurity, poor road infrastructure, the size of the territory affected (roughly equivalent to France), and the ongoing rainy season. Therefore, according to the United Nations, needs in most sectors (food, shelter, clean water, primary health care) are only being partially met.

The European Commission has urged the Government of Sudan to abide by its obligations regarding the protection of its own citizens. This includes actively disarming and prosecuting armed groups acting against civilians. The EC has also provided funds to organisations with an international mandate to protect vulnerable civilians. Following a ceasefire agreement between government and rebel forces in April 2004, the Commission agreed to provide €92 million to support African Union peace keeping efforts.

ECHO's response so far targets conflict-affected people in the Darfur region and refugees who have fled to Chad.



In merito alle critiche espresse dal Presidente dei Giovani Musulmani d'Italia per la mancata visita dell'Imam Ala Eldin Al Ghobashy al Tempio Maggiore di Roma, Daniele Nahum e Michele Disegni, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell'Ugei, hanno dichiarato: “Apprezziamo le parole di Anas. Sono anni che l'UGEI sostiene la fondamentale importanza del dialogo interreligioso. Attraverso il dialogo è possibile sconfiggere i rigurgiti di antisemitismo ed islamofobia presenti nella nostra società. Inoltre crediamo che in questo momento ci siano battaglie che accomunino Ebrei e Musulmani che meritano di essere condivise. Per questo invitiamo Anas ed una delegazione dei Giovani Musulmani d'Italia a discutere del problema dell'integrazione nel nostro paese presso una Sinagoga Italiana”.

PORTALE IMMIGRAZIONE - Automazione Permessi/Carte di Soggiorno

PORTALE IMMIGRAZIONE - Automazione Permessi/Carte di Soggiorno

martedì 15 gennaio 2008

Nulla cambia in Darfur

domenica, gennaio 13, 2008

Una lettera a Minni Minnawi


[Riceviamo e pubblichiamo. L.S.]

Sede della Sezione italiana dello SLAM

In occasione della santa festa dell’Eid Al-Fitr Nhenei si mandi il saluto al popolo sudanese in generale e alla popolazione del Darfur, rifugiati e sfollati

Dopo il genocidio, il regime ha organizzato dei campi di sfollamento. Molte persone avrebbero voluto nei loro villaggio, cone le loro attività agricole e pascoli per il bestiame. Ma questi villaggi sono stati dati dalla minoranza araba a tribù di mercenari Janjaweed provenienti da Niger, Ciad, Mali e altri paesi, e nell’ultima settimana del mese sacro di Ramadan c’è stato ancora genocidio degli abitanti della regione di Muhujarija. All’interno della moschea l’iman, donne e bambini sono stati uccisi dai Janjaweed e da soldati del governo sotto la copertura di tre aerei.
Non è la prima volta che questo Governo uccide dei cittadini nel mese di Ramadan, anche all'interno del Palazzo della Repubblica, quando vennero uccisi funzionari: il mondo intero lo sa. Ora Minni Arcu Minnawi è Consigliere principale per il Presidente e Presidente del Movimento di liberazione del Sudan (SLM); egli ha firmato con il Governo un accordo di pace ad Abuja; nel marzo scorso il governo ha bombardato con carri armati una casa di membri dell’SLM, alcuni dei quali già feriti in scontri di guerra, nel cosiddetto “Distretto degli Ingegneri” di Omdurman.
Io chiedo a Minni Arcu Minnawi, allora, qual è il senso di un accordo di pace? Quella che vediamo non è pace. Tutti i movimenti del Darfur, se fanno un accordo con il governo, è un accordo vero. Il governo si copre nel nome dell’Islam, però lo stupro di donne e l’assasinio di bambini ed anziani non è un modo di fare dell’Islam.
Con questa lettera, inoltre, condanniamo l'atto criminale che ha avuto come vittime membri delle forze dell'Unione Africana ad Haskanita. Il Governo sudanese accusa i movimenti di liberazione di aver organizzato l’azione mortale. Noi chiediamo che la comunità internazionale invii una commisisone d'inchiesta per stabilire la verità e mandare i responsabili davanti al tribunale dell’Aja.
Chiediamo inoltre che Minni Arcu Minnawi, come già Selfakir Miardet presidente del SPLA del Sud del Sudan, esca dal Governo con tutti i suoi Ministri e collaboratori. Già in molti casi un membro del Governo è stato ucciso, come per esempio capitò a John Greng e Zubeir e Ibrahim Shemseddin. Non vorremmo che anche Minni Minnawi fosse in questa lista.

Kuis08@yahoo.com
Suleiman Ahmed Hamed
Rappresentante del Movimento di liberazione del Sudan

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Lo stupro come arma: il Darfur è anche questo.

"I could hear the women crying for help, but there was no one to help them.”


Dal 2003, inizio del conflitto in Darfur, migliaia di donne e bambine sopra gli otto anni sono state stuprate e ridotte a schiave sessuali dai miliziani janjaweed. Gli attacchi avvengono spesso mentre le donne si allontanano dai campi profughi, per le normali attività di ogni giorno, e gli stupratori sono quasi sempre in gruppo. Di ritorno al campo, le donne vengono rinnegate dalle loro stesse famiglie.
Lo scopo dei janjaweed, con la complicità delle forze regolari sudanesi, è infatti umiliare, punire, controllare, e terrorizzare la comunità da cui provengono. Lo stupro diventa così un'arma e porta, oltre al trauma in sè, le mutilazioni genitali, le ferite, l'alto rischio di contrarre e diffondere l'AIDS e altre malattie sessuali.
Refugees International ha ora rilasciato "Laws Without Justice", un dossier sull'accesso ai servizi legali delle vittime di stupro in Sudan: ne emerge un quadro dalle tinte fosche, in cui le donne sono vittime due volte.
Un chiaro esempio è il rischio, per la donna che denuncia le violenze ma che non riesca a provarle, di essere accusata di "zina", adulterio: la pena è morte per lapidazione per le donne sposate o centinaia di frustate per chi non lo sia.
Anche il ricorso alle cure mediche fornite dalla ONG presenti in Darfur risulta difficile e rischioso. Le ONG sottostanno alle rigide regole del Governo per continuare a operare nel terriorio, nonostante intimidazioni e attacchi, e perdono così molta della fiducia delle vittime, costrette spesso a compilare un modulo di denuncia che le espone ai rischi della giustizia sudanese.
Queste sono solo due delle conclusioni a cui sono giunte le analisi della Refugees International. Il resto lo trovate qui.

Link:
"Darfur Advocacy Agenda": come fermare la violenza sessuale in Darfur

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giovedì, gennaio 10, 2008

Non tutte le guerre si imparano a scuola

ROMA - Venerdì 11 gennaio 2008 alle ore 10:00 presso la facoltà di Economia Federico Caffè dell’Università degli studi Roma Tre, in via Silvio D’Amico 177, si terrà un workshop sulla situazione storico-politica in Darfur e le cause che hanno portato alla violenta evoluzione del conflitto.

Dopo l'introduzione si proseguirà concentrandosi sul lavoro svolto dalle numerose ONG che operano sul territorio, con testimonianza di vita quotidiana nei campi rifugiati, cercando anche di capire attraverso le loro parole le difficoltà della cooperazione internazionale in territori di guerra completamente dimenticati dai media se non nei casi di estrema emergenza per poi venire lasciati di nuovo nel dimenticatoio.

Elemento importante del workshop e obiettivo dell'Aiesec è l’interazione tra i relatori e gli studenti presenti, per lo più della facoltà di Scienze Politiche ma anche di Economia e Lettere e Filosofia, proprio per questo sarà lasciato ampio spazio alle domande e al dibattito nell’ultima mezz’ora della sessione.

Il post è ripreso da Diregiovani.

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giovedì, gennaio 03, 2008

Una canzone per il Darfur all’”Arè rock festival”


Al via le selezioni della seconda edizione dell’Arè rock festival 2008”,competizione aperta a tutte le band emergenti provenienti da ogni parte del Mondo e che lo scorso anno ha avuto un enorme successo di pubblico e critica.Nella competizione si esibiranno 30 band di vari generi musicali che si contenderanno i 2000 euro messi in palio dall’organizzazione.La scadenza per le iscrizioni è fissata per il 31 Gennaio 2008.


La grande novità di quest’anno è costituita dall’apertura di una sezione intitolata”una canzone per il Darfur”,in cui verranno presentati brani inediti che parlano della situazione nella tormentata regione sudanese,dove da oltre quattro anni si combatte una sanguinosissima guerra che ha provocato oltre 300.000 morti e 2.500.000 sfollati..

Lo scopo di questa importante iniziativa da parte dell’organizzazione del festival è appunto quello di far conoscere,attraverso un mezzo universale quale la musica,ciò che accade da ormai troppo tempo in Darfur nella totale indifferenza della gente e dei mass media.

La competizione si terrà a Barletta dove, nelle scorse settimane, è stato approvata in Consiglio Comunale una risoluzione in cui veniva sollecitato il Governo italiano a fare di più per mettere fine al massacro del Darfur.

Link:arèrockfestival

giovedì, dicembre 27, 2007

Niente cenone di Capodanno per i bambini del Darfur


(foto del New York Times)

Il nuovo rapporto dell' ONU non lascia spazio alle speranze, neanche in questi giorni di feste e celebrazioni: il 16,1% di bambini del Darfur sono malnutriti, contro il 12,9 % dell'anno scorso. Tra i 6 e i 29 mesi di età e nel Nord Darfur, i casi peggiori di malnutrizione. Il dossier ha confrontato i dati provienienti dai campi profughi, dove sono costretti a vivere oltre due milioni di persone, e dalle aree colpite dalla guerra.
In Darfur operano oltre 80 ONG e tredicimila operatori umanitari ma, nonostante il loro impegno e le enormi risorse finanziare messe in campo, le condizioni igieniche, la distribuzione dei viveri e le condizioni di sicurezza continuano a peggiorare, e si moltiplicano gli attacchi agli operatori umanitari, aumentati del 150%.
Mentre a Karthoum sfrecciano i SUV ei fuoristrada, i campi allestiti in Darfur si riempiono all'inverosimile di madri depresse e di bambini esangui.
Madri a cui è rimasta solo la forza di piangere la scomparsa dei loro figli.

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lunedì, dicembre 24, 2007

Italians for Darfur in "four nights with art"

Più informazione sul massacro in Darfur!
E' chiaro il messaggio lanciato dai presenti nella serata organizzata nell'ambito di
"four nights with art" da Plaza de Mayo e Italians for Darfur Puglia.
Durante l'evento è stata presentata la mostra di vignette denominata "una vignetta per il Darfur,diamo colore all'informazione"con le tavole disegnate da numerosi vignettisti italiani tra cui Staino,Mauro Biani,Piero Tonin,Vincino e tanti altri,e il reportage di Italians for Darfur girato da Antonella Napoli "Andata e ritorno dall'inferno del Darfur".
Sono stati anche raccolti fondi grazie all'impegno delle ragazze di Plaza de Mayo,che hanno proposto una riffa,e hanno devoluto 3 euro per ogni ingresso alla scuola in Darfur di Padre Vincenzo Donati.


Da sottolineare gli interventi di Rocco Dileo per parlare della risoluzione approvata dal Consiglio Comunale di Barletta e sottolineare come in Italia non si dia assolutamente peso alla tragedia che sta colpendo il Darfur da ormai oltre quattro anni,se non grazie all'impegno di pochi volontari,e Sulliman Ahmed come rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia.

Proprio da Sulliman arriva una concreta testimonianza del dramma che si vive nella tormentata regione,raccontando dei bombardamenti che ha subito il proprio villaggio e alla fuga che lo ha visto,come tanti altri disperati,attraversare il deserto a piedi e senza acqua per giorni,nella speranza di trovare un camion che lo portasse in Libia per poi attraversare il Mediterraneo.
Sulliman l'ha trovato,tanti altri no,e sono morti del deserto,vittime anche loro di una guerra di cui non fanno parte e che li vede perseguitati perchè colpevoli di essere africani.

Il mio personale ringraziamento va a chi ha reso possibile la serata,che mi ha dato la possibilità di ascoltare e parlare con Sulliman,che secondo me è la faccia di un popolo che è costretto a subire sofferenze immani e che ha veramente bisogno di maggiore attenzione,aiuto e impegno da parte di tutti.

venerdì, dicembre 21, 2007

Italians for Darfur

Parte dalle università la campagna per il disinvestimento

Carissimi, siamo riusciti con grande fatica a realizzare a dicembre un'iniziativa per il Darfur nel mese in cui l'Italia ha assunto la presidenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Attraverso il lancio della campagna per il disinvestimento in Sudan abbiamo sollecitato il nostro governo a fare di più per sbloccare l'invio della missione di peacekeeping in Darfur. Alcuni organi di informazione hanno ripreso la notizia. Vi segnalo alcuni link e posto l'agenzia Ansa che è uscita ieri e che ha diffuso anche un nostro comunicato.
Un caro saluto a tutti e buone feste.
Antonella


SUDAN: 'ITALIANS FOR DARFUR' LANCIA CAMPAGNA DI DISINVESTIMENTO

(ANSA) - ROMA, 20 DIC - E' partita stamane anche in Italia la campagna di disinvestimento in Sudan promossa dal movimento per i diritti umani 'Italians for Darfur' e dalle ong internazionali 'Save Darfur' e 'Aegis Trust'.
La campagna, hanno spiegato i promotori, e' mirata a ''dirottare gli investimenti delle aziende italiane in Sudan, il cui governo si e' macchiato di gravi crimini contro l'umanita', verso altri paesi costringendo cosi' le istituzioni sudanesi a porre fine allo sterminio in Darfur''.
L'iniziativa, che ha visto coinvolte molte universita' italiane tra cui 'La Sapienza' e 'Tor Vergata' di Roma, la 'Federico II' e l' 'Orientale' di Napoli e l'Universita' di Salerno, e' stata l'occasione per alcuni studenti e militanti delle associazioni di distribuire volantini e materiale informativo sulla crisi in atto in Darfur, e di indossare per l'occasione magliette con lo slogan ''Stop for blood in Darfur''.
Con questa campagna si promuove il ''consumo responsabile'' - come si legge in un comunicato di 'Italians for Darfur' - che si sta diffondendo in tutto il mondo industrializzato. ''Con le informazioni che forniamo ai cittadini, cerchiamo di stimolare il senso critico comune alimentato dalla libera circolazione di notizie spesso criptiche, applicato alla scelta dei fondi azionari, dei prodotti e dei servizi sul mercato'' ''Il consumatore critico a cui ci rivolgiamo - prosegue il comunicato - dovrebbe porsi domande sulle conseguenze della produzione e del commercio dei prodotti e dei servizi delle singole grandi aziende, nazionali e multinazionali che operano in collaborazione con il Sudan o che svolgono le loro attivita' nel paese'', hanno proseguito.
Cio' che 'Italians for Darfur' intende sottolineare e' che con la disinformazione si corre il rischio di ''rendersi complici del massacro in atto in Darfur''. Per questo, hanno aggiunto, ''cerchiamo di far comprendere che scegliendo determinati investimenti si rischia di finanziare inconsapevolmente le milizie janjaweed che uccidono popolazioni di interi villaggi in Darfur da oltre quattro anni. Gia' 400.000 civili sono morti e piu' di due milioni sono i rifugiati nei campi profughi''.

I04
20-DIC-07 17:49 NNNN

venerdì, dicembre 14, 2007

ROMA: NEGATA L' AUTORIZZAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE PER IL DARFUR

(ANSA) - ROMA, 14 DIC - Le associazioni e i movimenti che avevano chiesto di potere effettuare un sit-in davanti a Palazzo Chigi per sollecitare l'impegno del governo in favore delle popolazioni del Darfur con un comunicato congiunto hanno protestato contro la mancata autorizzazione alla manifestazione. Nel comunicato, l'Associazione dei rifugiati del Darfur in Italia, il movimento per i diritti umani ''Italians for Darfur'' e l'Unione dei giovani ebrei italiani affermano che non e' stata autorizzata la manifestazione con cui volevano chiedere al governo italiano ''che a dicembre ha assunto la presidenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu, un impegno concreto per sbloccare l'empasse che impedisce il dispiegamento della forza di pace di 26mila Caschi blu in Darfur''.
''E' stata infatti negata - si legge nel comunicato - l'autorizzazione al sit-in previsto davanti Palazzo Chigi per avanzare all'esecutivo la richiesta di un intervento nei confronti del governo sudanese, responsabile dei rallentamenti che hanno impedito finora il dispiegamento della forza di pace autorizzata dalla risoluzione dell'Onu del 1 agosto 2007 e che entro la fine di questo mese avrebbe dovuto essere operativa''. ''Nonostante ci venga impedito - sottolinea il comitato promotore delle iniziative per il Darfur - di avanzare pacificamente e democraticamente le nostre richieste al governo attraverso una manifestazione, non recediamo dal nostro intendimento di sollecitare le istituzioni a fare di piu' per impedire che nella regione del Sudan, martoriata da oltre quattro anni, continui il massacro di vittime innocenti''. ''A tal fine - conclude il comunicato - rivolgiamo un appello al presidente del Consiglio Romano Prodi, che ringraziamo per l'impegno economico annunciato a Lisbona per il Darfur e il Corno d'Africa, ad assumere un'iniziativa forte nei confronti del governo sudanese affinche' interrompa l'ostruzionismo che di fatto impedisce il dispiegamento della forza di peacekeeping''.
(ANSA).MIU 14-DIC-07 12:13 NNNN
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Ringraziamo Marco che ci ha fornito la traduzione in Inglese del nostro comunicato.

The Association of Darfur Refugees in Italy, the human rights movement "Italians for Darfur" and the Union of Young Italian Jews will not be able to demonstrate to ask the Italian government, that at December took over the presidency of the United Nations Security Council, for a real commitment to unblock the impasse that prevents the deployment of a UN peace force of 26,000 troops in Darfur.
Authorization has been refused for a sit-in in front of the Italian Parliament to promote the request for intervention with regards to the Sudanese government responsible for the slowdown that has prevented the deployment of the peace force authorized by the UN resolution of August 1st that should have been operative by the end of this month.
The committee for Darfur initiatives underlined "Despite our being prevented from promoting peacefully and democratically our requests to the government with a demonstration, we will not stop in our intention to urge the institutions to do more to prevent, in that region of Sudan, tormented for over four years, the continual massacre of innocent victims".
"To this end," the note concludes, "we direct an appeal to the Prime Minister, Romano Prodi, who we thank for the economic commitment announced at Lisbon for Darfur and the Horn of Africa, to assume a strong stance towards the Sudanese government until it interrupts the obstructionism that is preventing the deployment of the peace-keeping force".

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Un ringraziamento speciale a Marinella Barigazzi (http://www.marinellabarigazzi.com), autrice e traduttrice di libri per l'infanzia, che con il supporto di suo marito John Mason (inglese) ha tradotto il documento per noi.
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FOTOUP rilancia "Io bloggo per il Darfur": un invito a tutti i fotografi italiani

FotoUp, la rivista telematica del MAM Network, rilancia l'invito di Italians for Darfur ai fotografi, professionisti e appassionati, a questo indirizzo.
On-line, da lunedì, anche sul numero 6 di Witness Journal, il magazine online di reportage fotografici.
MAM network è una realtà che si occupa di informazione e comunicazione sotto diversi punti di vista. Grazie alle esperienze e professionalità dei suoi fondatori la società si occupa infatti di creazione di contenuti, progetti editoriali, marketing e comunicazione d'impresa.

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giovedì, dicembre 13, 2007

Concerto di Natale: SMS al 48585, la Fondazione Don Bosco raccoglie fondi per il Darfur.





48585
: è il numero di telefono da ricordare. Dal 22 al 26 dicembre, ogni SMS inviato al Numero Unico Solidale 48585 della Fondazione Don Bosco nel Mondo permetterà, infatti, di devolvere un euro (o 2 euro chiamando lo stesso numero da telefono fisso Telecom Italia) ai progetti salesiani in Sudan, in particolare alla scuola per orfani del Darfur. Fondatore della scuola è Padre Vincenzo Donati, il missionario salesiano che Italians for Darfur ha deciso di sostenere in occasione dell'arrivo a settembre di 400 nuovi ragazzi. Quest'anno anche la Fondazione Don Bosco nel Mondo e Prime Time promotions hanno deciso di sostenere con forza il progetto di Don Vincenzo Donati, aprendo una ricca sezione on-line sul Darfur, PRODARFUR, e destinando tutto il ricavato del tradizionale Concerto di Natale, che si è tenuto a Verona il 9 dicembre e che sarà trasmesso su RAI 2 la sera del 24 dicembre alle 21, ai progetti di educazione e accoglienza dei ragazzi del Darfur.
Tra gli ospiti dell' Arena di Verona citiamo Michael Bolton, Niccolò Fabi, Anguun, Ornella Vanoni, Pino Daniele.

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mercoledì, dicembre 12, 2007

L'O.N.U. nomina quattro esperti per vigilare sulla situazione in Darfur,ma le violenze continuano.

Nei scorsi giorni il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha nominato quattro esperti provenienti da diverse parti del mondo per monitorare la situazione in Darfur,soprattutto riguardo l'embargo di armi,il divieto di viaggio e il congelamento dei beni.
Il gruppo di esperti,istituito con risoluzione O.N.U.nel 2005,controllerà gli spostamenti degli individui che potrebbero violare i diritti umani nella regione,ostacolano il processo di pace o violano il diritto internazionale.
Importante sarà il loro apporto per bloccare il traffico di armi,soprattutto verso le milizie filo-governative,tra cui i Janjaweed.
Intanto le violenze in Darfur continuano: tocca al nord del Darfur stavolta,ma il copione è sempre lo stesso: aerei dell'esercito sudanese bombardano i villaggi,dopodichè entrano in scena i Janjaweed; ammazzano gli uomini,rapiscono i bambini e violentano e scherniscono le donne,saccheggiando e depredando tutto ciò che è possibile.

E’ triste,ma tutto ciò accade mentre il presidente del Sudan,Omar al-Bashir,promette di non ostacolare la missione dei caschi blu in Darfur,che finora conta solo 9.000 uomini dei 26.000 previsti. E il ripetersi del triste copione continua……

domenica, dicembre 09, 2007

Roma, 10-11 Dicembre: Fighting for Democracy in the Islamic World

La conferenza internazionale Fighting for Democracy in the Islamic World è la continuazione della conferenza di Praga “Democracy & Security” promossa lo scorso giugno dal Prague Security Studies Institute, dall’Adelson Institute-Shalem Center e dalla FAES Foundation for Social Research and Analysis.
A Roma come a Praga i protagonisti saranno dissidenti, intellettuali e politici perseguitati nei loro paesi, in prima linea nella battaglia per i diritti umani, per libertà e per la democrazia.

La conferenza è promossa dalle fondazioni Magna Carta, Farefuturo e Craxi, dall’Associazione Appuntamento a Gerusalemme e dall’Adelson Institute-Shalem Center.

La conferenza metterà a confronto i dissidenti con i leader europei per cercare insieme risposte coraggiose e concrete che questa fase storica richiede. Parteciperà. tra gli altri, Mudawi Ibrahim Adam, fondatore e Presidente dell'Organizzazione per lo Sviluppo Sociale nel Sudan (OSSS). Sotto la sua guida, la OSSS è diventata la più grande organizzazione non governativa sudanese, implementando progetti riguardanti la sanità, l'acqua potabile, il supporto all'educazione, così come progetti riguardanti la salute pubblica e l'alimentazione. Il Dottor Mudawi ha passato sette mesi in prigione nel 2004 e è stato nuovamente arrestato nel gennaio del 2005 per aver reso noto al pubblico il ruolo del governo sudanese nella violazione di massa dei diritti umani avvenuta in Darfur. [segnalazione di Sharon]

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L'Italia stanzia fondi per il Darfur

Firmato un accordo di peace facility al vertice Ue-Africa

Destinati 40 milioni di euro"prioritariamente"alla regione sudanese e al Corno d'Africa

Alla fine al vertice di Lisbona di Darfur se ne è parlato, ma soltanto a margine dei lavori del summit UE - Africa. I responsabili della politica estera di alcuni paesi europei hanno incontrato il presidente sudanese Omar al Bashir per avanzare la loro inquietudine per il dramma del Darfur e, soprattutto, per il ritardo dell'avvio della forza di pace dell'Unione Africana nella martoriata regione sudanese. A questo proposito, l'Italia - e permettetemi di dire che se finalmente il nostro Paese si è finalmente esposto in modo concreto per il Darfur è anche grazie al nostro impegno e alla campagna di mobilitazione e informazione che abbiamo messo in campo negli ultimi mesi - e l'Unione africana hanno firmato un accordo per una peace facility italo-africana da 40 milioni di euro, che sarà destinata prioritariamente al Darfur e al Corno d'Africa. Anche in questo caso la firma dell'accordo è avvenuta a margine del vertice. Per l'Italia ha partecipato alla cerimonia il presidente del Consiglio Romano Prodi, mentre per l'Unione Africana era presente il presidente Alpha Omar Konar‚.Per quanto concerne i temi trattati ufficialmente in questo primo summit fra Unione Europea e Africa vi segnalo l'adozione dei principi del nuovo "parternariato strategico" a mezzo secolo dalla fine del colonialismo e la cosidetta nuova "relazione fra uguali" auspicata da Jos‚ Socrates, premier portoghese e presidente di turno dell'Ue. Sinceramente un po' poco per un vertice atteso da sette anni... E pensare che è stato fortemente voluto dall'Unione Europea soprattutto perché teme di perdere piede nell'immenso mercato africano soprattutto di fronte all'avanzata inarrestabile della Cina - assai meno preoccupata dell'Europa di far corrispondere la distribuzione di aiuti e investimenti al buon governo, come ha fatto rilevare ieri il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Il primo giorno del vertice ieri ha messo in bella luce del resto tutte le divergenze fra europei e africani. A partire dall'impazienza dei leader del continente nero di fronte a quelle che vengono percepite come lezioni indebite.Fra i punti del contendere: le richieste di indennizzi per l'era coloniale da parte del leader libico Muammar Gheddafi, le proteste per la presenza del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe (il premier britannico Gordon Brown ha boicottato il summit mandando la sua inviata baronessa Valerie Amos, presidente della Camera dei Lord e grande esperta africana del governo); e piú in generale il tema dei diritti umani, esposto da un discorso molto fermo di Merkel contro Mugabe, rintuzzato poi dal presidente senegalese Wade. Non so a voi, ma a me la Merkel piace sempre di più. Non a caso è una dei leader europei più impegnata per il Darfur.


Aggiornamenti sulla campagna di Italian Blogs for Darfur per il Darfur: da maggio 2006 chiediamo a Rai, La7 e Mediaset che si parli del conflitto in Darfur. E non solo. Il silenzio delle democrazie è la migliore arma dei tiranni.INFO









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